giovedì 26 aprile 2007

10 buoni motivi di perplessità sulla Ipred 2 | Giuseppe Corasaniti

1) La Direttiva interviene in materia penale imponendo agli Stati un diritto penale minimo in materia di contraffazione senza che vi sia un quadro chiaro di riferimento delle norme che definiscono la contraffazione stessa, ed anzi unificando violazioni di marchio, e di diritti d’autore (copyright);

2) La Direttiva abbandona inspiegabilmente, per quanto riguarda il copyright, un concetto finora chiaro a livello europeo come la “scala commerciale” e cioè la produzione di più esemplari di prodotti abusivi (su scala) nell’ambito di una attività commerciale (produttiva) organizzata, finendo per confondere il danno alle imprese emergente- in termini di mancata vendita di prodotti originali - con quello che invece è l’ambito del mercato “abusivo” digitale che ha diverse sfumature e diverse tipologie, non solo rientranti nel peer to peer (ad esempio lo streaming video,la condivisione di files, il link), sono evidenti i rischi di ambiguità terminologica che possono trasformarsi in pericoli effettivi per le libertà individuali nell’Unione ed in forme di controllo massivo sui consumi multimediali, per di più affidato anche a soggetti privati;

3) La Direttiva impone agli Stati di agire penalmente non sulla base di una dichiarazione di volontà della parte interessata (querela) come sarebbe stato logico, trattandosi di interessi privati, ma nel contempo affida proprio ai soggetti privati un ruolo diretto nelle indagini, che non è neppure limitato, come sarebbe stato altrettanto logico, al riconoscimento dei prodotti contraffatti ed all’ausilio tecnico delle autorità, ma finisce per diventare di fatto un ruolo di impulso e indirizzo in contrasto con i principi generali del diritto comune ;

4) La Direttiva sembra sottovalutare che l’ampliamento improprio del suo contenuto al copyright comporta seri rischi di violazione dei principi di tutela della privacy dei consumatori di prodotti multimediali con riguardo ai dati personali che possono essere raccolti,trattati per controllare scelte di consumo e usi non espressamente autorizzati dai detentori dei diritti, in contraddizione con l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani e in contrasto con la normativa europea sui dati personali, per di più, apparentemente, senza avere raccolto sul punto le opinioni delle associazioni dei consumatori come dei Garanti europei sul trattamento dei dati personali ;

5) La Direttiva si pone apparentemente in contrasto con la convenzione sul Cybercrime del 2001 (sottoscritta proprio dall’Unione Europea) all’art. 10 in tema di violazioni al copyright quanto a contenuti e eccezioni che gli Stati possono prevedere ;

6) La Direttiva non istituisce né suggerisce la specializzazione per le forze di polizia e per la magistratura anche di fronte ad un fenomeno criminale come la contraffazione organizzata dalla criminalità analogamente con quanto avviene per il contrasto alle organizzazioni criminali transnazionali, finendo per affidare (solo) ai soggetti privati un ruolo improprio ed in potenziale conflitto di interessi, specie con riguardo a fenomeni articolati come le importazioni parallele ;

7) La Direttiva non è utile ai singoli Stati, per come è stata concepita, né introduce tecniche di indagine nuove o particolari forme di effettiva cooperazione europea basate sul controllo delle importazioni e sulla elaborazione dei relativi dati nell’ambito del mercato europeo, mancano per esempio strumenti specifici di indagine che ben avrebbero potuto costituire un effettivo deterrente per le pratiche effettivamente criminali (controlli sui dati fiscali e di importazione) ;

8) La Direttiva, unificando contrasto alla contraffazione e abusi in materia di copyright finisce per confondere pericolosamente i due fenomeni e rischia di attenuare, e non di rendere più efficace, il contrasto alla contraffazione criminale : sarebbe utile, ma non vi è stata, una distinzione che chiarisca espressamente che essa si applica alle violazioni del copyright solo, come sarebbe utile e logico, quando essere riguardano la produzione commerciale di prodotti multimediali contraffatti, comunque distribuiti;

9) La Direttiva non è stata preceduta da una completa analisi economica e sociale del fenomeno della contraffazione, risultando evidente che, come dimostra proprio l’esperienza italiana dove dal 2000 sono state introdotte sanzioni penali e amministrative già in linea tendenzialmente con le nuove prescrizioni, che l’inasprimento delle sanzioni non ha comportato alcuna diminuzione delle statistiche riguardanti proprio la contraffazione e le violazioni del copyright ;

10) La Direttiva non istituisce centri indipendenti e istituzionali di analisi, referenti dell’Unione e semmai collegati organicamente con il mondo della ricerca, ai quali affidare l’analisi del fenomeno e della sua evoluzione in ambito nazionale ed europeo, in rapporto alle concrete realtà della evoluzione dei metodi del commercio e delle tecnologie analogamente, ad esempio a quanto è stato previsto proprio in materia di criminalità e sicurezza informatica.

— Il testo della relazione IPRED 2 al parlamento europeo.
— La biografia di Giuseppe Corasaniti.
— La pagina di Adiconsum che sta combattendo sul tema.
— L’iniziativa di Altroconsumo.
— Il post sul tema del Casalingo di Voghera.

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